Radiogiornale Periodico telematico indipendente, edito da Paolo Mattioli I0PMW

 

 
 
 
Radiogiornale   numero speciale
Settembre 2001 Periodico telematico indipendente
 
 
 
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Quando la storia si presenta come un film
Alessandro Baricco
 
E tutti ci ricorderemo dove eravamo in quel momento.
Seduti in macchina a  cercar parcheggio, con la testa tra i surgelati a cercar la
paella, davanti al computer a cercare la frase giusta. Poi uno squillo di 
telefonino, e l'amico, il parente, il collega che ti staccano una storia
inverosimile di aerei  e grattacieli, ma va' via, dai, lasciami perdere che oggi e'
gia' una giornata difficile, ma lui non ride e dice: ti giuro che e' vero.
Ricorderemo l'istante passato a cercare in quella voce una qualunque
sfumatura di ironia, senza trovarla.
Ti giuro che e' vero.
E non dimenticheremo la prima persona a cui abbiamo telefonato, subito
dopo, e nemmeno quel pensiero - immediato, sciocco ma incredibilmente
reale - "Dov'e' mio figlio?", i miei figli, la mamma, la fidanzata, domanda inutile,
perfino comica, lo capisci subito dopo, ma intanto e' scattata - la Storia siamo
noi, e' solo un verso di una canzone di De Gregori, ma adesso ho capito cosa
voleva dire - risvegliarsi con la Storia addosso.
Che vertigine.
 
Neanche sappiamo esattamente cosa e' successo. Ma certo la sensazione e'
precisa: molte cose non saranno mai piu' come prima. E molte cose non
saranno piu', tout court.
Invidio l'intelligenza e la lucidita' di chi e' capace, qui e adesso, di capire quali e
di dircelo. Aspetto fiducioso.
E intanto non riesco a non ripensare alla frasetta che tutti pronunciano,
ossessivamente, senza paura di essere banali: e' come un film. E' ovvia,
eppure  tutti la ripetono, e ci deve essere qualcosa li' dentro che vogliamo dire
ma non riusciamo a capire, qualcosa che abbiamo in mente, e che e'
importante, ma che  tuttavia non riusciamo a tirar fuori.
Me la rigiro nella testa, la frasetta, e  arrivo a capire che c'e' qualcosa, in
quello che vedo alla televisione, che non  quadra, e non sono i morti, la
ferocia, la paura, e' ancora qualcosa d'altro, qualcosa di piu' sottile, e mentre
vedo per l'ennesima volta quell'aereo che vira e centra il totem  sberluccicante
nella luce del mattino, capisco quello che mi sembra, davvero, incredibile, e
anche se mi sembra atroce dirlo, provo a dirlo: e' tutto troppo bello.
C'e' un'ipertrofia irragionevole di esattezza simbolica, di purezza del gesto, di
spettacolarita', di immaginazione. Nei diciotto minuti che separano i due aerei,
nello sgranarsi degli altri veri e falsi attentati, nella invisibilita' del nemico,
nell'immagine di un Presidente che se ne parte da una scuoletta della Florida
per andare a rifugiarsi nel cielo, in tutto questo c'e' troppa maestria
drammaturgica, c'e' troppo Hollywood, c'e' troppa fiction.
La Storia non era mai stata cosi'.
 
Il mondo non ha tempo di essere cosi'. La realta' non va a capo, non concorda
i verbi, non scrive belle frasi. Noi lo facciamo, quando raccontiamo il mondo.
Ma il mondo, di suo, e' sgrammaticato, sporco, e la punteggiatura la mette che 
e' uno schifo. E allora perche' la storia che vedo accadere in quel televisore e'
cosi' perfetta? Perche' e' gia' perfetta prima che la raccontino, nello stesso
istante in cui accade, senza l'aiuto di nessuno?
 
Allora mi sembra di capire qualcosa di quella frasetta ripetuta
ossessivamente, e' come un film. La ripetiamo perche' la' dentro stiamo
cercando di pronunciare una paura ben precisa, una paura inedita, mai avuta
prima: non e' il semplice stupore di vedere la finzione diventare realta': e' il
terrore di vedere la realta' piu' seria che ci sia accadere nei modi della 
finzione.
Ti immagini l'uomo che ha pensato tutto quello e puoi forse sopportare la
ferocia di quello che ha pensato, ma non puoi sopportare l'esattezza estetica 
con cui l'ha pensato: come l'ha fatto e' spaventoso almeno quanto quello che
ha  fatto. Ne siamo terrorizzati perche' e' come se qualcuno, improvvisamente
e in modo cosi' spettacolare, ci avesse portato via la realta': e' come se ci
informasse  che non ci sono piu' due cose, la realta' e la finzione, ma una, la
realta', che  ormai puo' accadere soltanto nei modi dell'altra, la finzione: e non
solo per scherzo, nelle trasmissioni televisive in cui veri uomini diventano falsi
per  far finta di essere veri, ma anche nelle curve piu' reali, atroci, clamorose e
solenni dell'accadere.
 

Sembrava un gioco: adesso non lo e' piu'.
Non so. Chi sa mi spieghera' cose'e' successo l'11 settembre 2001, e cosa e'
cambiato per sempre, ieri. Io sto giusto pensando che,  tra le altre cose, e'
anche successo che e' andato in corto circuito il raffinato meccanismo con cui
la nostra civilta' da tempo scherzava col fuoco e drogava la realta' spingendola
verso le performences che sarebbero solo a portata della finzione.
Credevamo di poter mantenere un sufficiente dominio su quel giochetto.
Ma qualcuno, da qualche parte, ha perso il controllo. A nome di tutti. Adesso 
e'  facile chiamarlo pazzo, ma e' evidente che e' pazzo di una pazzia assai
diffusa in  famiglia. L'abbiamo coltivata allegramente: adesso eccoci qui, con il
televisore davanti che ci srotola quella storia smerigliata e perfetta, eccoci qui,
col vago sospetto di essere lo show del sabato sera di qualcuno. Qui a
guardarci intorno impauriti, giusto per verificare che tutto questo e' vita, magari
morte, ma non un film.